Mario Gallù,  L’Isola d’Ischia da terra di emigranti a terra di immigrati               

  Emigranti...  
 
 
TESTIMONIANZE DI EMIGRANTI ISCHITANI  
 
LA STORIA DI MARIUCCIA (G. Mazzella, articolo su Ischiamondo, marzo 2001, n° 244.)
«E’ una piccola storia quella di Maria Piro detta “Mariuccia” di Lacco Ameno. E’ una piccola storia che mi è stata trasmessa per tradizione orale da mio padre, Francesco Mazzella  (1900-1977), e quando mi veniva raccontata ero giovane e distratto, in tutt’altre faccende affaccendato, e quindi non gli davo importanza.
Zia Mariuccia partì per l’America agli inizi del ‘900. Era sorella di mia madre Teresa. Forse se ne andò per cercare fortuna o forse se ne andò perché non voleva sposare chi dicevano i genitori. A zia Mariuccia si rivolse mia madre Teresa affinché si mandasse a chiamare mio fratello Pietro, il terribile della famiglia che non voleva lavorare, rubava l’uva e la frutta nei campi e veniva massacrato di botte da mio padre.
Pietro fu mandato in America da zia Mariuccia a soli 17 anni. Partì clandestino e mia madre baciò le pietre del porto di Napoli quando il piroscafo si allontanò dal molo.
Questo era il racconto di mio padre. Teresa Piro, sposata all’appaltatore di Casamicciola Giuseppe Mazzella, non avrebbe mai più rivisto suo figlio Pietro che fu accolto da zia Mariuccia prima di stabilirsi a Little Italy. Pietro si sposò ed ebbe cinque figli, di cui due - Theresa ed Anthony – vivono ancora a Mulberry Street.
Ma questa è un’altra storia. Proviamo a raccontare quella di zia Mariuccia. Rovistando tra le carte di famiglia per cercare di mettere ordine ho trovato un suo bel ritratto fotografico, opera dello studio fotografico “Domenico Boccalone” di Casamicciola.
E’ una bella donna di vent’anni, poco più o poco meno, vestita di tutto punto, come si doveva usare a quel tempo nei giorni di festa. Questo ritratto è stato conservato per tutta la vita da mio nonno e da mio padre e forse è la grafia di mio nonno quella che dietro vi ha apposto il nome: Maria Piro di Lacco Ameno.
Di zia Mariuccia non mi resta che questa vecchia foto della sua giovinezza ed il racconto orale di mio padre. Di lei non so altro.
Non so in quale parte di New York ha vissuto, se ha avuto figli, quando è morta e dove è sepolta. Ci doveva però essere un legame molto forte con la sorella Teresa rimasta nell’isola d’Ischia per dichiararsi disponibile ad accogliere un nipote in America e per giunta un ragazzo ribelle. Doveva esserci un legame molto forte anche con la terra natia. E’ probabile che le due sorelle non abbiano mai interrotto i contatti attraverso lettere o i “pacchi dall’America” con i quali gli emigrati inviavano abiti dimessi e addirittura la “cioccolata”. Dai libroni di Ellis Island messi su internet trovo tre Maria Piro con l’indicazione del Paese di nascita: Maria Piro nata a Casamicciola arrivata nel 1911 di 22 anni; Maria Piro  di Casamicciola arrivata nel 1914; Maria Piro di Lacco Ameno, Italy, arrivata nel 1920 “age of arrival” 21. Forse è una di queste zia Mariuccia.»  

 

STORIA DI NINO (Racconto del nonno Davide alla nipote Maria Iapino di Serrara Fontana)
 
«Il fratello di mio nonno Davide, zio Nino, è nato il 13-01-1927 a Serrara Fontana. Lui emigrò a 23 anni, negli anni ’50, andando in Argentina a Bernal, vicino Buenos Aires. Raccontava che era andato lì pensando di arricchirsi e tornare in Italia. Tutti dicevano che lì si guadagnava tanto e, dato che lui qui era un mastro bottaio, guadagnava, ma non tantissimo, decise di partire.
Durante il viaggio per mare guadagnò tanti soldi facendo il barbiere. La vita in Argentina era molto dura, nei primi tempi viveva con altri amici in una baracca di zinco, calda d’estate e fredda d’inverno, ed ogni tanto mentre dormiva i topi gli passavano addosso. 
Piano piano i contatti con i vecchi amici andarono scemando, anche se rimase legatissimo alla sua famiglia ed al ricordo della sua terra.
Si arricchì, acquistò tante case in montagna. Ogni tanto tornava in Italia con regali per tutti e portando al ritorno altrettanti regali per gli amici in Argentina. L’idea iniziale era di far soldi e tornare in Italia, ma non si avverò, perché i primi anni furono i più duri ed i soldi scarseggiavano. La famiglia di mio nonno era benestante, aveva una falegnameria ed un negozio di alimentari. Lo zio sarebbe potuto restare qui e vivere discretamente ma lui diceva sempre di esser partito per sentirsi libero e non dipendere più da suo padre.»

 

RITORNO DALL’ARGENTINA (testimonianza diretta fatta dal nonno Michele Di Costanzo al nipote Francesco Messina.)
«Alla fine della seconda guerra mondiale, vista la povertà che regnava ad Ischia, mio nonno Michele Di Costanzo, terzo di nove figli, e i suoi  fratelli Luigi, Vincenzo, Benedetto e Giuseppe decisero di andare in Argentina, chiamati da alcuni parenti che già prima erano emigrati. La mia bisnonna a malincuore preparò loro il baule di ferro dentro il quale misero quelle poche cose che avevano e che potevano servire. Dopo un lungo viaggio che durò circa un mese finalmente arrivarono in Argentina, dove furono accolti dagli zii che per qualche tempo li ospitarono. Era il 1952 e mio nonno aveva 30 anni.  
Lui, come i suoi fratelli, incominciò a svolgere diversi lavori: prima scaricare carbone dalle navi, poi vendeva col carretto frutta e verdura fino a quando non guadagnò i soldi sufficienti per comprarsi un negozio. Fece inoltre il macellaio e con i suoi fratelli aprì un salone per svolgere l’attività di barbiere. Con tutti questi lavori guadagnò i soldi per comprarsi una casa. Un suo fratello, Luigi, che viveva con lui, si sposò per procura con una ragazza, Immacolata, che viveva in Italia, ad Ischia. Ad un certo punto, nel 1962, il nonno decise di ritornare  in Italia per qualche tempo e ad Ischia conobbe la nonna Raffaella che infine sposò il 30 settembre dello stesso anno.
Una volta sposato doveva tornare con la moglie a Buenos Aires ma la nonna non volle saperne e così ricominciarono i tempi duri, perché aveva lasciato tutti i suoi beni in Argentina. Tutto ciò rimase ai suoi fratelli in cambio di un’eredità ad Ischia lasciatagli dai suoi genitori. Qui ad Ischia sono nati i suoi tre figli, tra cui mia madre. Questa è la storia di mio nonno che la racconta spesso. Ma i contatti con i parenti in Argentina non sono finiti. Infatti i miei genitori li sentono per telefono e mio nonno prova sempre emozione quando li sente e loro, che hanno ancora il negozio di frutta e verdura, ci mandano spesso il mate, cioè un tipo di the argentino, e il calendario che fanno per pubblicizzare il negozio.»  

 

L’AFFONDAMENTO DEL LUSITANIA (testimonianza di Elvira Napoleone di Serrara Fontana, bisnonna di M. Frattasio e copia delle pagine del suo diario in cui annotò l’avvenimento.)
«Tutto vi è nei tristi ricordi della mia infanzia. Era il 23 maggio del 1915. La nave britannica Lusitania lascia il porto di New York per compiere il suo ultimo viaggio. Durante la navigazione al largo della costa irlandese la nave viene attaccata da un sottomarino tedesco. In questo momento io ero con mia madre in cabina per prepararci ad andare a messa: ma subito dopo accade il peggio. Un enorme boato sommerge la nave e tutto trema sotto i miei piedi. Tutto credevo, ma non che la nave dopo 20 minuti circa sarebbe affondata. Intanto io e mia madre andammo sul ponte e dopo qualche minuto ci fecero salire sulla scialuppa. Niente ci portammo dalla nave, a differenza di altri che riempivano le tasche con dollari, orecchini d’oro e collane con pietre preziose. Io e mia mamma eravamo partite soltanto per tornare a casa in Irlanda con qualche spicciolo per aiutare i familiari, invece perdemmo tutto, anche le poche cose che avevamo.»
 
L’affondamento del transatlantico Lusitania costò la vita a 1.198 persone, tra cui molti cittadini statunitensi. I Tedeschi dichiararono che la nave portava armi, ma la Gran Bretagna e gli Stati Uniti respinsero tale accusa. L’episodio costituì uno dei fattori che determinarono la partecipazione degli USA alla prima guerra mondiale.  

 

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EMIGRANTI DUE VOLTE (Testimonianza di Giuseppe Baldino.)
 
«I miei nonni vissero da emigrati a Mar del Plata durante il peronismo, infatti tra il 1946 ed il 1955 l’Argentina fu teatro di questa importante esperienza: una dittatura populista che seppe dare stabilità al Paese, ma che non sopravvisse al suo fondatore Juan Peron, marito di Eva, che diventerà la grande Evita, popolarissima tra i poveri, morta per una grave malattia nel 1962. A far crescere la popolazione  del Paese furono le grandi ondate migratorie dell’Europa, soprattutto dall’Italia, ed anche Ischia vi contribuì. 
Peron fu rovesciato dai militari: i depositi di petrolio di Mar de la Plata furono bombardati e la popolazione costretta a scappare lontano nei campi per evitare di essere colpiti e per evitare il fumo che arrivava lontano. Una nuova dittatura instaurata nel 1976 naufragò nel 1982 dopo la guerra contro la Gran Bretagna per le isole Falkland-Malvinas. Nel 1983 furono ripristinate le libertà democratiche, ma la crisi economica costrinse ovviamente tanti italiani a tornare. 
Emigranti, in pratica, due volte. I miei nonni (mio padre era piccolo e a Mar del Plata era nata mia zia Assunta) tornarono prima, nel giugno 1956. Mio nonno abbandonò tutto: lo chalet, il piccolo "saladero" già avviato, il rischioso lavoro sulla lancia di “Capalanca” (la più sicura delle lanchas). A Buenos Aires si imbarcarono sul “Conte Grande" che arrivò a Napoli a luglio (Montevideo, Rio de Janeiro, Recife, Dakar, Lisbona, Barcellona, Genova ed infine Napoli).  
A Napoli c'era ad attenderli sul molo la bisnonna Maria Giovanna. Arrivarono qualche giorno prima che al largo di Nantucket colasse a picco l’Andrea Doria, speronata il 26 luglio dalla nave svedese Stockholm.»
L’AUSTRALIA E LA NOSTALGIA DELLO SCOGLIO (Testimonianza di Francesca Cenatiempo.)
 
«All’inizio degli anni cinquanta i miei genitori, Simone Cenatiempo e Rosa Florio,  decisero di emigrare perché ad Ischia non c’era un lavoro stabile che permettesse loro di portare avanti la famiglia ed inoltre perché non si trovava lavoro se non si era figli di …… o  ci si rimetteva la propria dignità personale a cercare di rincorrere il tale o il talaltro potente di turno per una improbabile raccomandazione.
La prima meta scelta fu l’America ma poi ci furono problemi per entrare da clandestini e quindi mio padre optò per l’Australia, trascinato in questa scelta da amici “paesani”.
In Australia ci sono rimasti ben quindici anni fino a che, presi dalla nostalgia dello scoglio e in virtù dei soldi messi da parte più che sufficienti per costruirsi la casa e vivere dignitosamente, decisero di ritornare ad Ischia. Ed anche per far conoscere la propria isola ai figli, Caterina, Francesca e Michele, tutti nati in Australia.
Sia mio padre che mia madre hanno trovato lavoro in Australia come operai in una fabbrica.
La cerchia delle loro amicizie comprendeva oltre ai paesani anche emigranti  provenienti da tutta l’Italia, ma anche dalla Grecia, dalla Spagna e da altre regioni europee. Sul lavoro parlavano in inglese ma in famiglia e con gli amici parlavano in italiano.
La nostalgia dell’Italia è stata sempre forte ma la notevole distanza ed il costo troppo elevato del viaggio li ha sempre trattenuti, fino a quando, nel 1966, non hanno deciso di rientrare definitivamente.
Ora, quando ne parliamo rimpiangono l’Australia per la certezza che dava dei doveri ma anche dei diritti e della dignità che tale sistema amministrativo garantisce ad ogni uomo. Ora io, Francesca Cenatiempo, sposata e con tre figli ancora piccoli, nata in Australia e vissuta lì fino ai 15 anni, sto pensando di ripercorrere le orme dei miei genitori e fare un viaggio per me a ritroso verso la terra dove sono nata.
E guarda caso per gli stessi motivi che hanno spinto ad emigrare i miei genitori.
Non la mancanza di lavoro ma la mancanza di un lavoro stabile ed il dovere ancora oggi essere figli di..... o continuare a rivolgersi al potente di turno rimettendoci la propria dignità. E’ una scelta sofferta e ancora non definita e definitiva. Ma intanto mio marito si trova in Australia già da 6 mesi dove ha trovato un lavoro temporaneo come cuoco in attesa di imparare bene la lingua per poter inserirsi nel lavoro di ufficiale navigante, cosa che faceva anche qui ad Ischia sugli aliscafi, ma con tanta precarietà e con altrettante umiliazioni!»
TESTIMONIANZE DI EMIGRANTI ISCHITANI

 

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