Teobaldo Motolese, 
nato a Rionero in Vulture
il 10 ottobre 1913

 

Maddalena Russo, 12.2.1941

 

 (particolare dalla foto: spilla del Trieste.  

 

 
Saluto al comandante, prima della battaglia
 
Pietro Motolese racconta che suo padre Teobaldo non parlava mai della guerra, limitandosi ad affermare che era una disgrazia atroce, che non si poteva descrivere. 
 
Eppure, Teobaldo Motolese era un militare di carriera, arruolatosi giovanissimo nella Regia Marina. Dal suo stato di servizio risulta imbarcato su diverse navi e decorato. Durante la seconda guerra mondiale era sul "Trieste", incrociatore pesante da 10.000 tonnellate, a bordo del quale partecipò a diverse operazioni navali. 
Il "Trieste", costruito nel 1928, operava in formazione con il "Trento" ed il "Bolzano", aventi caratteristiche simili (nessuna di queste belle navi sopravvisse al conflitto, in cui furono affondati anche i restanti incrociatori pesanti italiani: "Zara", "Pola", Fiume", "Gorizia").
 
Il 22 marzo 1943, in piena guerra, Teobaldo Motolese sposò Maddalena Russo di Forenza. Subito dopo il matrimonio tornò sul "Trieste", che stazionava nel porto di La Maddalena: il 10 aprile 1943 gli aerei alleati bombardarono il porto e le navi che vi erano ancorate. L'incrociatore "Trieste", inquadrato da grappoli di bombe, fu colpito più volte e affondò. Le perdite tra l’equipaggio furono ingenti. 
 
L’8 settembre 1943, data dell’armistizio, Teobaldo Motolese era a Genova. Al pari di tutti i soldati italiani, abbandonati dai loro comandi nel caos e senza ordini precisi, si trovò di fronte ad una difficile scelta. Avrebbe potuto rimanere a Genova, ormai in mani tedesche, e successivamente aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Invece attraversò tutta l’Italia, oltrepassò la linea del fronte, arrivò nel Sud dell’Italia, ormai territorio liberato dagli Alleati: ma non si fermò a casa sua. Si presentò ai comandi di quello che rimaneva della Regia Marina, per continuare a fare il suo dovere. Più o meno in quel periodo, ebbe anche la curiosa ventura di incontrare nella base navale di Taranto suo padre, che era stato richiamato alle armi, anche se ormai aveva una certa età.

 

 

Teobaldo Motolese ci ha lasciato il 20 luglio 1989. Suo figlio Pietro ha conservato le sue medaglie e, oltre a varie foto personali, ha ritrovato alcune foto di un combattimento sostenuto con la flotta inglese.
Si tratta con molta probabilità dello scontro di Capo Teulada, che dopo quello avvenuto a Punta Stilo è la seconda battaglia navale sostenuta dagli italiani contro i britannici.
In entrambi i casi le flotte non riportarono gravi danni; con il facile senno di poi vennero etichettati come scontri "inconcludenti", "occasioni perdute",  o "casi di condotta rinunciataria" da parte dei comandanti inglesi ed italiani. Definizioni, probabilmente, coniate da chi non era sul mare a sentire fischiare le granate: quello era solo l'inizio della guerra sul mare con la temibile flotta inglese, meglio attrezzata ed addestrata della nostra.
Le immagini mostrano le navi italiane che manovrano sotto il tiro avversario, talvolta sfiorate dalle salve di artiglieria, o che compiono inversioni di rotta oppure oscurano il cielo con cortine di fumo: una testimonianza di per sé indicativa delle operazioni navali nel Mediterraneo.
1940: I RAPPORTI DI FORZA
All'entrata in guerra l'Italia dispone di 2 corazzate da 25.000 tonnellate: Cavour e Giulio Cesare, impostate nel 1911 e poi rimodernate. Anche la Duilio e l'Andrea Doria, rimodernate, entrano in servizio nei primi mesi del conflitto, insieme a 2 nuove corazzate da 35.000 tonnellate: Vittorio Veneto e Littorio. Vi sono poi 7 incrociatori pesanti da 10.000 ton. (Trento, Trieste, Bolzano, Zara, Fiume, Gorizia, Pola) e 12 leggeri efficienti (il Bari, il Taranto e il San Giorgio sono obsoleti) e un centinaio tra cacciatorpediniere e torpediniere, infine i sommergibili.
La precoce sconfitta della Francia elimina il pericolo della sua potente flotta. La flotta da guerra dell'impero britannico ora è sola: è la prima al mondo per tonnellaggio, ma deve controllare un teatro di guerra vastissimo.
La vera differenza, però, non risiede nel numero di navi.
Gli inglesi hanno le portaerei, il radar, sono addestrati al combattimento notturno, sanno come far cooperare navi e aerei. Nel Mediterraneo essi dispongono principalmente della Mediterranean Fleet, con base ad Alessandria d'Egitto, e della Force H di Gibilterra.
Per la superiorità locale della flotta italiana, per il momento, i loro convogli di rifornimenti diretti in Nordafrica sono costretti alla lunga circumnavigazione dell'Africa e poi a risalire per il Mar Rosso per raggiungere l'Egitto, rinunciando alla scorciatoia attraverso il Mediterraneo.
Flotta italiana
Flotta inglese
corazzate (6)
Cavour, Cesare, Doria, Duilio
(25.000 t)
Littorio, Vittorio Veneto
(35.000 t)
 
corazzate (16)
5 classe Queen Elizabeth (31.000 t)
5 classe Royal Sovereign (29.150 t)
2 classe Nelson (33.900 t)
2 classe Repulse (32.000 t)
King George V (36.750 t)
Pince of Wales (36.750 t)
portaerei
-
portaerei (6)
1 classe Argus (14.000 t)
2 classe Courageous (22.500 t)
1 classe Eagle (22.600 t)
1 classe Hermes (10.850 t)
1 classe Ark Royal (22.000 t)
incrociatori (22)
Zara, Fiume, Gorizia, Pola
(10.000 t)
Trento, Trieste, Bolzano
(10.000 t)
12 classe Condottieri
(da 9.000 a 5008 t)
San Giorgio (9.232 t, incr. antiaereo) Bari (4.600 t)
Taranto (5.100 t)
incrociatori (66)
13 classe Kent (10.000 t)
8 classe Southampton (9.000 t)
2 classe York (8.250 t)
8 classe Leander (7.000 t)
5 classe Bellona (5.900 t)
6 classe Dido (5.450 t)
4 classe Arethusa (5.250 t)
22 da 5.000 (convertiti in antiaerei)
cacciatorpediniere
59 unità di varie classi,
da 2.283 a 935 t
cacciatorpediniere
69 da 1.000 t,
80 da 1.350 t,
19 conduttori da 1.500 t
 
PUNTA STILO: PRIMO SCONTRO SUL MARE
9 luglio 1940, al largo di Punta Stilo (Calabria) avviene il primo scontro tra la flotte italiana e inglese, entrambe uscite in mare per scortare convogli. La nostra squadra è agli ordini  dell'ammiraglio Inigo Campioni, che ha ricevuto l'ordine dai comandi superiori di Roma (Supermarina) di non impegnarsi se incontra forze nemiche superiori. Per affrontare gli inglesi si vuole forse aspettare che la Vittorio Veneto e la Littorio entrino in servizio. Alle 13,30 gli aerosiluranti della portaerei Eagle attaccano i nostri incrociatori, senza colpirli. Campioni chiede subito l'appoggio aereo all'Aereonautica. Alle 15,15 i nostri aerei non compaiono, ma arrivano a tiro le navi dell'ammiraglio Cunningham.  I cannoni da 320 mm delle corazzate italiane aprono il fuoco dalla gittata massima di 30.000 metri,  i 381 mm avversari rispondono da 22.000 m. Dopo un quarto d'ora un colpo da 381 attraversa il fumaiolo della Cesare e trapassa una riserva di munizioni antiaeree da 37 mm; 4 delle 8 caldaie sono bloccate. La Cavour ora è sola contro 3 corazzate inglesi: e l'ordine è di non impegnarsi contro forze superiori. Poco dopo la Cesare riprende velocità, ma Campioni ha già deciso di ritirarsi, stendendo cortine fumogene e inviando i cacciatorpediniere all'attacco.
Il Bolzano è colpito da tre colpi, di cui uno danneggia lievemente il timone. Gli inglesi lanciano un altro attacco aereo e inseguono la nostra squadra fino a 25 miglia dalla costa calabra, poi desistono. Alle 16,40 arrivano i nostri aerei, ma lo scontro è finito da un pezzo. Sono colpite le portaerei Eagle e le corazzate Warspite e Malaya, però le nostre bombe leggere e inadatte causano pochi danni. Per di più, metà dei 126 bombardieri sganciano sulle nostre navi, tanto che uno viene abbattuto dalla nostra contraerea...
sommergibili
42 oceanici
75 costieri
sommergibili
33 oceanici
24 costieri
LA NOTTE DI TARANTO
Nella notte dell'11 novembre 1940 la flotta italiana è a Taranto: cinque corazzate su sei e tutti gli incrociatori pesanti, in barba alle più elementari regole di sicurezza. Pare, infatti, che Mussolini intenda sfoggiare la sua potenza mostrando lo spettacolo di queste navi ormeggiate a qualche "illustre visitatore". Immancabilmente, tale concentramento non sfugge all'efficiente ricognizione aerea degli inglesi, che già progettano di attaccare la base ("Operazione Judgement"). Così, quando entra in porto anche la sesta e ultima corazzata italiana, l'Andrea Doria, il comandante della portaerei britannica Illustrious invia al comandante della Mediterranean Fleet il seguente messaggio: "Adesso i fagiani sono tutti nel nido".
La nostra ricognizione aerea, invece, è cosi carente che non scopre le navi inglesi salpate da Alessandria, tra cui vi è la portaerei che arriva a sole 170 miglia da Taranto.

l'incrociatore pesante Trento inquadrato dalle salve inglesi
A partire dalle 22,45, gli aerei decollati dalla portaerei Illustrious silurano e bombardano la nostra flotta, puntando dritti soprattutto sulle corazzate. La nuovissima Littorio incassa due siluri: resterà in riparazione fino al marzo 1941. La Duilio, colpita, resterà nei cantieri fino a maggio. La Cesare, sventrata da due siluri e rimorchiata a Trieste, non riprenderà più il mare.
Poteva andare peggio:  l' Andrea Doria e la Vittorio Veneto, come l'incrociatore Gorizia, sono state sfiorate da diversi siluri; l'incrociatore Trento e il caccia Libeccio sono stati colpiti da bombe che per fortuna non sono esplose...
Ad ogni modo, la nostra forza principale è dimezzata: ben tre corazzate su sei fuori combattimento. Per di più, a differenza degli inglesi, l'Italia non ha portaerei. Già: prima della guerra il Duce, amante delle grandi frasi, aveva proclamato che "l'Italia è una portaerei naturale protesa nel Mediterraneo". E poiché, secondo un altro memorabile detto di quel tempo "Il Duce ha sempre ragione", non ne sono state costruite.
Gli inglesi ora possono contare su una indubbia superiorità aeronavale, oltre che ad aver assestato un duro colpo al morale dei marinai italiani.

 

Taranto: la corazzata Cavour silurata
(da A. Petacco, La seconda guerra mondiale, cit.)
 
OPERAZIONE "COLLAR"
Immediatamente, gli inglesi si decidono a forzare il Mediterraneo con i loro convogli. La Force H e la Force F (corazzata Renown, portaerei Ark Royal, incrociatori Manchester, Southampton, Sheffield, Despatch, 10 cacciatorpediniere) scorteranno alcuni mercantili da Gibilterra al Canale di Sicilia: qui incontrerà la Force D della Mediterranean Fleet salpata da Alessandria (corazzata Ramillies, incrociatori Berwick, Newcastle, Coventry, 5 caccia). Quest'ultima scorterà il convoglio in Egitto e la Forza H tornerà a Gibilterra, rafforzata da un paio di incrociatori e dalla Ramillies, che per l'attuale superiorità inglese nel Mediterraneo lasciano Alessandria per essere destinati altrove.
Così, nemmeno 15 giorni dopo la notte di Taranto, scatta l'Operazione Collar. Il 25 novembre le navi salpano da Gibilterra: per una volta, l'informazione arriva in tempo ai nostri servizi informativi, quella stessa mattina; poche ore dopo è avvistata anche la Mediterranean Fleet uscita da Alessandria.
Quindi i nostri alti comandi di Roma hanno tempo sufficiente per  discutere le contromisure. E forse discutono troppo.
ORDINI AMBIGUI DI SUPERMARINA
E' ovvio che occorre assolutamente uscire in mare ad affrontare decisamente la squadra inglese. E' altrettanto ovvio che non si può gettare allo sbaraglio ciò che resta della nostra flotta.
A tal riguardo, occorrerebbe aver fiducia nel giudizio del  comandante della squadra, che queste cose ovvie le conosce e che è imbarcato sulle navi della flotta proprio per impartire, al momento, gli ordini più adatti in base alle circostanze concrete che si verificano in mare. 
Accade così che l'ammiraglio Inigo Campioni riceve l'ordine di spingersi non oltre Capo Teulada, a sud della Sardegna, ed attaccar battaglia "solo se la situazione si fosse rivelata favorevole". Come già nel caso di Punta Stilo, Supermarina ha emanato un ordine che pare sensato, tanto è banale, ma che nel corso dell'azione si dimostrerà ambiguo e dannoso, una mezza misura che impastoia la libertà di azione del nostro comandante. Con questo ordine le nostri navi (due corazzate, 6 incrociatori, 14 caccia) salpano il 26 novembre e arrivano nel punto stabilito il giorno dopo.
BATTAGLIA DI CAPO TEULADA: PRIME MOSSE
L'ammiraglio inglese Somerville sa che gli italiani potrebbero intercettarlo prima che le sue navi si riuniscano. In tal caso, trovandosi in inferiorità numerica, avrebbe la peggio. Molti ricognitori inglesi si alzano in volo dalla portaerei Ark Royal per avvistare le navi della Mediterranean Fleet: ma è un aereo italiano catapultato dall'incrociatore Bolzano che avvista per primo gli inglesi, alle 9,45. Più tardi anche gli aerei inglesi avvistano le nostre navi.
Alle 11,34 le due flotte inglesi si riuniscono, ristabilendo così condizioni di superiorità numerica sugli italiani. Intanto un nostro ricognitore avvista il convoglio: ora lo scopo degli inglesi è chiaro, ed è altrettanto chiaro che le forze avversarie in campo sono superiori. L'ammiraglio italiano, a tal punto, deve rispettare gli ordini ricevuti: alle 12,10 ordina alle sue navi di invertire la rotta e tornare alle rispettive basi.
 
LE NAVI APRONO IL FUOCO
La guerra sul mare, tuttavia, ha i suoi imprevisti. All'orizzonte compaiono gli incrociatori Sheffield, Southampton, Newcastle, Manchester, armati con cannoni da 152 e Berwick, dotato di cannoni da 203; li seguono le corazzate Renown e Ramillies. Verso le 12,20, da oltre 20.000 m, comincia uno scambio di cannonate con i nostri incrociatori, che dopo l'ordine di invertire la rotta si trovano in retroguardia.
L'ammiraglio Iachino, comandante degli incrociatori, risponde al fuoco. Pur rispettando l'ordine di ritirata, i nostri incrociatori non si sottraggono del tutto al nemico grazie alla loro maggiore velocità, ma lo padroneggiano a distanza, mantenendo 25 nodi di velocità. Così facendo, si ritirano combattendo e colpiscono due volte l'incrociatore Berwick, che riporta 7 morti e una torretta da 203 mm fuori uso. Il cacciatorpediniere Lanciere, colpito da 3 granate da 152 mm, è immobilizzato. Gli incrociatori Trieste, Trento e Bolzano e quattro caccia distendono una cortina fumogena per coprirlo mentre il cacciatorpediniere Ascari riesce ad agganciarlo e rimorchiarlo, sottraendolo agli inglesi.
Dalla cortina fumogena gli inglesi vedono sbucare le sagome di due navi, solo all'ultimo momento si accorgono che si tratta di mercantili francesi capitati chissà come nella battaglia e non aprono il fuoco contro di esse...
Alle 12,30 un secondo ordine di Campioni impone di "non impegnarsi, e i nostri incrociatori aumentano la velocità a 30 nodi. La Renown e la Ramillies, più lente, vengono distanziate e presto restano fuori tiro; le veloci corazzate italiane (capaci di 35 nodi) restano molto avanti ed anch'esse fuori tiro.
Proprio la lentezza della Renown e della Ramillies determina una momentanea inferiorità degli incrociatori inglesi lanciati all'inseguimento. Campioni è sul punto di invertire la rotta delle sue corazzate ed assalire queste navi, sbilanciatesi in avanti.
Sopraggiungono però 11 aerosiluranti decollati dall'Ark Royal. La vera superiorità, ancora una volta, è nelle portaerei. La Vittorio Veneto, manovrando per evitare i siluri, perde tempo prezioso: il breve momento favorevole è passato, Campioni rinuncia ad invertire la rotta.
Gli incrociatori inglesi, continuando il loro inseguimento, intorno alle 13,00 arrivano a 30.000 metri: è la gittata massima dei cannoni da 381 mm della Vittorio Veneto, che apre il fuoco. Resisi conto del pericolo, alle 13,11 gli incrociatori inglesi invertono la rotta e se la svignano lestamente.
Lo scontro balistico tra le navi è finito.  Nonostante l'ordine di "non impegnarsi", in 52 minuti le navi italiane hanno sparato 692 colpi di grosso calibro.
Falliscono altri attacchi aerei lanciati dall'Ark Royal contro le nostre navi; si deve constatare che, ancora una volta, la nostra Aeronautica non è riuscita a disporre una copertura aerea di caccia dalle vicine basi sarde.
 
 
l'incrociatore pesante Bolzano
CONSEGUENZE
Falliscono pure, seppure di poco, i tardivi attacchi aerei dei nostri bombardieri contro l'Ark Royal, che arrivano a battaglia finita: era già avvenuto a Punta Stilo.
Non è colpa dei piloti, ma dei nostri comandi: Areonautica e Marina non sanno neppure cosa sia la cooperazione aeronavale. Le richieste di intervento aereo, volta per volta, sono inviate dalle navi ai comandi di terra della Marina più vicini, che a loro volta le girano agli  aeroporti militari della zona. La catena gerarchica di trasmissione degli ordini è troppo lunga, si improvvisa perché manca qualsiasi piano preordinato: così gli aerei italiani arrivano regolarmente a battaglia finita. E' l'eterno trionfo della macchinosa burocrazia bellica del fascio, mentre gli uomini in battaglia rischiano la pelle.
A consuntivo dell'azione, il convoglio è riuscito a passare. Nessuna nave è stata affondata da una parte e dall'altra, ma gli inglesi sono riusciti a forzare il Mediterraneo.
Tuttavia l'ammiraglio Somerville, al rientro in patria, non viene accolto come un vero vincitore: tutt'altro. Messo sotto inchiesta, viene ingenerosamente accusato di essersi lasciato sfuggire l'occasione di assestare un duro colpo alla flotta italiana, data la sua superiorità numerica.
Grottescamente, anche all'ammiraglio Campioni vengono fatte analoghe osservazioni.  Costretto a combattere con il guinzaglio dagli ordini di Supermarina, adesso gli si rimprovera troppa prudenza. Nel solito gioco dello scarico delle responsabilità, diventa capro espiatorio del deludente andamento della guerra navale. Rimosso dal comando della squadra navale e assegnato a diverso incarico, dopo Capo Teulada Campioni non riceve altri comandi operativi.
L'8 settembre 1943, inviato come governatore del lontano Dodecaneso, Campioni rifiuterà di collaborare coi tedeschi. Catturato, rifiuterà di aderire alla Repubblica Sociale Italiana; infine, rifiuterà di chiedere la grazia. Sarà dunque fucilato nel maggio 1944 a Parma insieme al contrammiraglio Mascherpa, animatore della difesa di Leros contro i tedeschi.
La squadra navale italiana, invece, pochi mesi dopo la battaglia di Capo Teulada andrà incontro alla grave disfatta di Capo Matapan, perdendo diverse navi e migliaia di uomini.

 

 
30 settembre 1930 arruolato volontario presso il Comando Deposito di La Spezia in qualità di allievo torpediniere;

1 ottobre 1930 / 30 novembre 1931 presso la Scuola San Bartolomeo a La Spezia;

 

1 dicembre 1931 / 4 novembre 1933 imbarcato su "Crispi";

5 novembre 1933 / 21 ottobre 1934 imbarcato su "Tigre";

1 dicembre 1933 promosso sottocapo;
 
22 ottobre 1934 / 31 agosto 1935 imbarcato su "Da Noli";
 
1 settembre 1935 / 10 marzo 1936 presso il Comando di La Spezia;

     Con un amico
 

11 marzo 1936 / 12 novembre 1936 imbarcato su "Zara" con partecipazione alla Guerra di Spagna  ed il 17 luglio 1936 riconoscimento di medaglia;

 

 
La presa di Malaga 
Ceuta: visita a bordo di falangiste di Tetuan
Giardini di Malaga 
Tenerife: folla sulle banchine 
Tenerife:giardini
13 novembre 1936 / 17 aprile 1937 imbarcato su "Premuda";

18 aprile 1937 / 31 agosto1937 imbarcato su "Mirabello";
 
13 novembre 1936 / 17 aprile 1937 imbarcato su "Premuda";
 
18 aprile 1937 / 31 agosto1937 imbarcato su "Mirabello";
 
1 settembre 1937 / 24 marzo 1939 imbarcato su "Savoia";
 
1 ottobre 1938 promosso Secondo Capo;
 
25 marzo 1939 imbarcato sull'incrociatore "Trieste";
         Nave spagnola "Helva" vista dal Mirabello
 
Ufficiali di marina italiani e giapponesi
28 maggio 1940: sul Trieste, in Egitto
 
Durante la seconda guerra mondiale, partecipa alle operazioni del "Trieste", tra cui figurano:
 
- 11-12 novembre 1940 bombardamento della flotta ancorata a Taranto Aerei inglesi affondano 3 corazzate italiane.

- 27 novembre 1940 battaglia di Capo Teulada Lievi danni sull'incrociatore Berwick, e sull'incrociatore Bolzano e sul ct. Lanciere.

- 27-28 marzo 1941 battaglia di Capo Matapan Affondati gli incrociatori Zara, Fiume, Pola e i ct. Oriani e Gioberti; 1300 naufraghi prigionieri degli inglesi, gli altri non sono soccorsi subito dopo la battaglia (le navi giunte sul posto ne trovano solo 150 ancora in vita): in tutto 2.308 morti.
 
- 24-25 maggio 1941 scorta convogli Il smg. Upholder silura il piroscafo Conte Rosso; dei 2.729 uomini imbarcati se ne salvano solo 1.432.
 
- 23-26 agosto 1941 contrasto all'operazione inglese "Mincemeat" Il smg. Triumph silura l'incrociatore Bolzano, danneggiandolo.
 
- 8-9 novembre 1941 scorta al convoglio "Duisburg" La Forza K affonda 7 mercantili e il ct Fulmine, danneggiando i ct Grecale, Euro, Maestrale; il smg. Upholder affonda il ct. Libeccio mentre raccoglie i naufraghi.
 
- 22 novembre 1941 scorta convogli il smg. Utmost silura il Trieste e l'incrociatore leggero Duca degli Abruzzi, danneggiandoli.
 
- 15 agosto 1942 battaglia di "mezzo agosto" nel Canale di Sicilia Aerei, smg. e navi minori (tedeschi e italiani) attaccano un convoglio inglese e affondano la portaerei Eagle, gli incr. Manchester e Cairo, 4 ct, 4 mercantili e danneggiano altre unità. Il smg. Unbrocken silura l'incrociatore leggero Attendolo e l'incr. Bolzano, danneggiandoli (il Bolzano, portato a La Spezia, sarà affondato il 22.6.1944 da incursori italiani e inglesi).
 
1 gennaio 1942 promosso Capo elettricista di III classe, uno tra  i più giovani con quel grado;

 

6 luglio 1942 autorizzato a fregiarsi della Croce d'Argento;

 

1 gennaio 1943 promosso Capo Torpediniere di II classe;

 

10 aprile 1943 affondamento del "Trieste" e danneggiamento dell'incrociatore "Gorizia" all'isola de La Maddalena, a seguito di bombardamento di aerei americani;

 

1 aprile 1943 / 7 luglio 1943 imbarcato sul "Gorizia";

 

8 luglio 1943 / 8 settembre 1943 (data dell'armistizio) presso il Comando di Genova da cui andò via per raggiungere - con mezzi di fortuna ed in gran parte a piedi - il Comando alleato a Taranto;

 

23 ottobre 1943 / 3 giugno 1945 Comando di Taranto;

 

11 giugno 1944 riconoscimento Encomio Solenne;

 

4 giugno 1945 / 12 0ttobre 1946 imbarcato su nave "Italia";

 

13 ottobre 1946 presso il Ministero Marina a Roma;

 

27 dicembre 1946 decorato con Croce al merito di guerra;

 

30 novembre 1947 congedato in applicazione del D.L. n. 500 del 13/5/1947 relativo allo sfoltimento dei quadri.
 
    Capo Teulada: la portaerei Ark Royal sotto
il bombardamento italiano.
(da http://www.iwmcollections.org.uk)
 
     
 
LA FLOTTA ITALIANA NEL 1943
Nel 1943 la guerra è irrimediabilmente perduta per la flotta italiana.
E' chiaro a tutti che alla superiorità inglese in fatto di radar, portaerei, addestramento, risorse complessive corrisponde solo la nostra impreparazione militare, nonostante venti anni di propaganda fascista abbiano presentato l'Italia come una superpotenza.
E ormai le disfatte subite sul mare e in Nordafrica preludono all'invasione dell'Italia.
La nostra Marina, dissanguata dallo stillicidio di uomini e mezzi che sono stati sacrificati negli anni di guerra, ora deve far fronte anche ad un altro formidabile avversario: gli americani, arrivati in forze anche nel Mediterraneo.
Intanto le navi maggiori sono condannate a restare rinchiuse nei porti, per l'assoluta mancanza di nafta.
Tale situazione, tuttavia, le espone ai bombardamenti degli aeroplani alleati, che hanno affermato ovunque la loro schiacciante supremazia aerea.

 

10 APRILE 1943, BASE NAVALE La Maddalena
La ricognizione aerea individua, nel porto sardo di La Maddalena, gli incrociatori Trieste e Gorizia, ancorati e circondati da reti parasiluri.
E così il 10 aprile 1943, poco prima delle ore 15,00, i bombardieri B17, le "fortezze volanti", del 301st Bomb Group (97th, 32nd, 2nd Bomb Squadron) arrivano sul cielo di La Maddalena, a 19.000 piedi di altezza (circa 5.800 metri).
I B17 destinati a colpire le navi trasportano bombe da 1000 libbre (circa 450 Kg).
La reazione contraerea è debole e inefficace, anche per l'alta quota degli aerei.
Il Trieste è l'obiettivo di  24 fortezze volanti: il suo ancoraggio viene saturato da circa 120 bombe da 1000 libbre.
L'incrociatore è colpito all'estrema poppa, alla plancia, alle caldaie; l'onda d'urto delle bombe esplose sotto la linea di galleggiamento e fuori dallo scafo scardina le fiancate della nave, che si allaga e si capovolge.
Alle 16,13 il Trieste si inabissa.
Il Gorizia, pur colpito da varie bombe, è ancora a galla quando ricompare al termine di un analogo diluvio di alto esplosivo che 36 B17 gli scaraventano addosso.
Altri 24 B17 devastano le installazioni portuali e i ricoveri dei sommergibili, affondando anche naviglio minore.
Il maggior numero di morti si registra a bordo del Trieste e del Gorizia.
Il numero delle vittime poteva essere più elevato: poco prima dell'attacco molti marinai sono scesi dalla nave in franchigia, per assistere ad una partita di calcio. 
Il Gorizia riuscirà a raggiungere un altro porto per le riparazioni.
Il Trieste sarà recuperato dal fondale solo dopo la guerra: finirà in Spagna, come ferro da rottamare.
 
A lato: foto aeree effettuate da aerei americani durante e dopo il bombardamento del 10 aprile 1943:  1) bombe in caduta; 2) esplosioni nel punto di ancoraggio del Trieste; l'area dopo l'attacco, quando il Trieste non è più a galla (foto tratte da http://32ndbombsquadron.com)
.
 

 
"… Cerco di spiegare i fatti avvenuti nella vita di un uomo con le gioie dei momenti di pace (missioni all'estero) e dei momenti di grande paura e pericolo.
Dobbiamo ricordare sempre che quegli uomini sono stati diretti testimoni delle tremende vicende della Seconda Guerra Mondiale, delle guerre di Africa e Spagna e che sono nati negli anni della Prima Grande Guerra: insomma, in poco più di trenta, cosa è successo ai nostri genitori: guai a dimenticare quelle tragedie frutto anche di immense ipocrisie, se non vogliamo che quei tragici eventi si possano verificare nuovamente.
Mio padre non amava ricordare quei fatti, grande era la sua commozione al ricordo di tanti sventurati commilitoni morti per l'insipienza dei grandi Comandi (si riferiva a Supermarina) e per la scarsezza dei mezzi a disposizione: basti pensare alla notte di Taranto ed all'incursione aerea all'isola della Maddalena, non ultimo il fatto che gli inglesi avevano già il radar.
L'affondamento del Trieste è stato per lui un vero trauma: sposato da circa due mesi e la moglie incinta del primo figlio, colleghi morti senza neppure combattere ed altri morti in mare in attesa di soccorsi.
Passati altri pochi mesi l'armistizio, con lo sbandamento che ne seguì e la decisione di schierarsi definitivamente per abbreviare il più possibile il tempo della incombente tragedia per gli italiani, sfociata in una vera guerra civile.
Ho riscontrato tale rimozione di certi ricordi anche in altri marinai, come ad esempio alcuni che ho avuto occasione di conoscere presso l'ANMI (Associazione Marinai d'Italia) e questo ci fa comprendere ancora di più la necessità della memoria storica…
 
…Ad ogni buon conto, dobbiamo sempre ricordare i fatti più duri della vita se vogliamo che non abbiano più a ripetersi".
                                               Pietro Motolese

 
 
Missione in Argentina

 
Fonti:
 
Arrigo Petacco, La seconda guerra mondiale, I, Curcio, Roma
S. Sanna, La Maddalena 1943, la piazzaforte di latta
Cristiano D'Adamo, La battaglia di capo Teulada, 27-28 novembre, 1940, in http://regiamarina.net
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Pietro Motolese pietro.motolese@gmail.com       Pasquale Libutti rapacidiurni@gmail.it     

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